lunedì 29 febbraio 2016

homework#07 | tre presenze della macchina in "La montagna incantata"

lo spazio come macchina di isolamento psicologico PAGINA 20

[...] Lo spazio che rotando e fuggendo si dipana tra lui e la sua residenza sviluppa forze che di solito si credono riservate al tempo; di ora in ora provoca mutamenti interiori molto simili a quelli attuati dal tempo, che però in certo modo li superano. Come quest'ultimo, essa genera oblio, ma lo fa staccando la persona dai suoi rapporti e trasportando l'uomo in uno stato di libertà originaria... anzi, trasforma in un baleno persino il pedante borghese in una specie di vagabondo. Il tempo, si dice, è oblio; ma anche l'aria delle lontananze è un filtro dello stesso genere, e se anche dovesse agire meno a fondo, in compenso lo con maggiore rapidità.


l'abito da cerimonia come macchina del tempo PAGINA 39


Vi si vedeva Hans Lorenz Castorp nell'uniforme di consigliere comunale: in quella divisa cittadina severa e persino timorata, d'un secolo trascorso che una comunità sostenuta e ad un tempo audace aveva portato con sé attraverso i tempi e mantenuto per le occasioni di gala, al fine di trasformare nelle cerimonie il passato in presente, il presente in passato, e di manifestare il costante collegamento fra le cose, [...]


il sanatorio isolato come macchina di trasformazione delle persone PAGINA 24

il sanatorio è una macchina che non compare descritta in quanto tale, ma presenta all'interno del testo il prodotto della sua trasformazione: Joachim Ziemssen, cugino del protagonista, abituato a vivere in città come ufficiale, si presenta al giovane Castorp come un abitante della valle, tant'è che ad un certo punto il cugino non manca di fargli notare la stranezza

«Tu parli in modo così strano» insinuò Castorp.
«Parlo in modo strano?» ripeté Joachim con una certa apprensione rivolgendosi verso il cugino.
«No, no, scusa, mi è parso solo un momento» si affrettò a dire Castorp. Ma aveva alluso alle parole "noi quassù" che Joachim aveva pronunciato già per la terza o quarta volta e a lui erano sembrate in qualche modo deprimenti e singolari.



EDIZIONE Thomas Mann, La montagna Incantata, Corbaccio, Milano 2015, traduzione di Ervino Pocar

Nessun commento:

Posta un commento